Che cos’è la mediazione penale

Caso n° 1

Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di minori decide di incaricare il Centro di mediazione Penale Minorile dell’esperimento di mediazione relativo al caso di Tizio (indagato per gli articoli 81 c.p.p., 612 e 594 C.P., in danno di Caio), procedendo ai sensi dell’art. 9 D.P.R. 448/88 ed inviando il relativo carteggio al Centro competente. L’equipe invita i soggetti interessati, vittima e reo, con una lettera a partecipare ad un incontro, durante il quale raccoglie il consenso e valuta anche l’opportunità, di proseguire nel percorso di mediazione. A tal fine, appare necessario procedere alla valutazione preliminare delle condizioni personali e familiari della parti ed, in primo luogo, del giovane indagato. Nel caso di specie, ad esempio, Tizio (che ha 17 anni) vive in un piccolo paese della provincia di Cosenza, frequenta il 4° anno dell’Istituto tecnico per geometri. Vive in famiglia, ed è il primo di due figli. Entrambi i genitori lavorano: la madre è insegnante ed il padre è imprenditore. Nessun precedente penale pregresso. Il Sig. Caio (parte lesa), ha invece 49 anni, vive anch’esso in un paese della provincia di Cosenza e svolge la sua attività lavorativa in città in un contesto scolastico contraddistinto, quindi, dal contatto quotidiano con il modo giovanile. E’ separato, ha due figli e vive solo. Nel primo colloquio con Tizio (all’incontro trattandosi di minori, erano stati naturalmente invitati anche i genitori), si procede alla spiegazione del significato e delle modalità della mediazione chiedendo ai genitori (che acconsentono) l’autorizzazione a sostenere un primo colloquio solo con il minore indagato. Viene chiesto al ragazzo di narrare l’accaduto dandogli il più ampio spazio nella discussione al fine di acquisire non tanto e non solo gli estremi delle vicende sottostanti alla mediazione quanto i timori connessi alle conseguenze del reato e le eventuali aspettative. La mediazione prosegue con la ricostruzione del fatto, pervenendo a conoscenza della sua effettiva consistenza, riconducibile a mero “scherzo telefonico”, realizzato nei confronti di soggetto assolutamente sconosciuto al minore ed individuato in maniera del tutto casuale. All’esito della forte reazione emotiva della vittima, il reo era pervenuto alla determinazione di proseguire nel suo atteggiamento integrando la comunicazione telefonica con offese e minacce dirette al malcapitato. Trattasi – come riferisce il minore – di determinazione assolutamente sconsiderata, assunta senza alcuna conoscenza delle conseguenze del suo gesto e della gravità dei suoi effetti. A tal fine Tizio dichiara di intendere incontrare personalmente Caio per poter ribadire quanto riferito ai mediatori. Si procede, dunque, ad incontrare separatamente Caio, informando anch’esso del significato e delle modalità della mediazione e chiedendo, ovviamente, il consenso a proseguire nel percorso. Il colloquio viene impostato con le medesime modalità già svolte nel corso del colloquio con il reo, assicurando a Caio piena libertà espositiva nella narrazione del fatto e delle sue conseguenze, dando ampio spazio alla persona perchè possa raccontare i termini del conflitto, esprimendo, anch’esso, timori ed aspettative connessi agli effetti del suo come del comportamento del reo. Caio conferma la ricostruzione dei fatti fornita da Tizio, riferendo di una telefonata anonima minacciosa ed intimidatoria, inizialmente sottovalutata ma reiterata più volte e con modalità sempre più preoccupanti. Caio appare visibilmente provato ed ancora seriamente preoccupato, solo da pochi mesi era riuscito a dare un volto al responsabile del fatto grazie all’attività investigativa dei carabinieri che avevano individuato l’autore del reato in un ragazzo di appena 17 anni. Mediante il ricorso al servizio della Telecom “Chi è” egli aveva tentato da solo di mettersi in contatto con il numero dal quale risultavano provenire le telefonate anonime, chiedendo inutilmente che tali vessazioni cessassero, perseguendo tale risultato solo mediante l’intervento forzoso delle autorità di polizia. Durante il colloquio è emersa la sensazione di un danno psicologico cresciuto nel tempo e riscontrabile in alcune parole della parte lesa ” ………il danno che ho subito è enorme, nessuno mi potrà mai resituire i 3 anni di incubo che ho vissuto e la serenità persa……“, lasciando intendere, inizialmente, la volontà di perseguire il risarcimento del danno subito anche attraverso l’azione giudiziaria esercitata dal suo legale di fiducia che lo avrebbe supportato durante tutta la vicenda e la cui partecipazione alla fase di mediazione viene ritenuta opportuna dall’equipe.

Deve precisarsi come sia stato estremeamente problematico il coinvolgimento di Caio nel percorso di mediazione stante la permanenza dei timori più volte ribaditi e ricondotti alle ripetute minacce ricevute e risoltesi nella determinazione di modificare il suo stile di vita, aumentando il sospetto verso il prossimo. L’equipe ha quindi evidenziato a Caio quanto fosse importante, per dissipare ogni suo timore, conoscere il reo e confrontarsi con lui cercando, da un lato, di comprendere le motivazioni dell’atto, ma anche e sopratutto di illustrare a Tizio le conseguenze del suo gesto, contribuendo ad integrare, in tal modo, la funzione mediatrice con quella pedagogica utile a consentire al reo di prendere consapevolezza degli aspetti più dolorosi del suo gesto. Proprio in virtù di quest’ultimo chiarimento, essendo Caio molto attento alle problematiche giovanili ed interessato sopratutto agli aspetti dell’educazione, lo stesso si è determinato all’incontro con Tizio che si svolge nella data e nell’ora fissata presso il centro. Durante l’incontro congiunto si ravvisa ad un atteggiamento ansioso ed un po’ bloccato nell’esposizione da parte di Tizio, mentre Caio continua ad essere chiuso e timoroso (restava seduto con atteggiamento rivolto nella direzione dell’equipe anche quando riferiva cose che riguardavano la controparte). Nonostante ciò è proprio Caio che, con tono sempre più pacato ed atteggiamento sempre più sereno, ripercorrendo le varie fasi della vicenda e le ansie che essa aveva determinato, contribuisce ad allentare la tensione, creando un clima calmo e disteso che l’equipe ritiene opportuno valorizzare, ponendo l’accento sui punti salienti del discorso e traghettando le em0zioni in direzione del giovane Tizio. Anche l’atteggiamento di quest’ultimo si modifica sensibilmente. Egli percepisce profondamente la sofferenza di Caio e riesce a trovare le parole giuste per esprimerla e chiedere le sue sentite scuse. I due si parlano direttamente, guardandosi in volto. La conversazione prosegue in altra direzione, il sig. Caio, infatti, mostra interesse per il percorso scolastico di Tizio e per i suoi progetti futuri. Si rende disponibile, dato il suo lavoro, a supportarlo nell’orientamento universitario. I due convenuti, raggiunti dal padre del minore, si accomiatano dall’equipe, sereni e soddisfatti ringraziando soprattutto per avere avuto la possibilità di esprimere liberamente tutte le più recondite emozioni in merito alla vicenda; e riferiscono di volersi recare presso la stazione dei Carabinieri per la remissione e contestuale accettazione della querela.