Che cos’è la mediazione penale

CASO n°4

Il Pubblico Ministero esaminato il caso lo invia ai sensi dell’ari 9 D.P.R. 448/88, presso il Centro di attività di mediazione (C.A.M.) per il perfezionamento della procedura di riconciliazione con la persona offesa. Il minore Tizio è indagato per aver commesso un furto in una chiesa. Tizio ha 16 anni vive in famiglia ed ha diversi fratelli. I genitori, di umili origini, vivono in un piccolo paese della provincia di Crotone, lavorando come possono per controllare ed educare questi figli seppur a fatica. Tizio dopo aver preso la licenza media ha fatto diversi lavoretti saltuari e ultimamente aiuta lo zio nei mercatini rionali e non ha esperienze penali pregresse.

Don Caio ha 40 anni è il parroco della chiesa della frazione marina del paese e viene contattato telefonicamente manifestando il suo interesse all’incontro e dichiarando anche la piena disponibilità ad una fattiva collaborazione per sostenere ed aiutare il ragazzo e la sua famiglia. Nel primo colloquio con Tizio, (come sempre presenti anche i genitori) si procede a spiegare il significato e le modalità della mediazione e si chiede il consenso dei genitori a poter espletare un colloquio con il solo minore indagato. Il permesso viene accordato dai genitori non senza aver espresso tutto il loro risentimento nei confron­ti del figlio per il suo gesto, ritenuto ancor più deprecabile perché compiuto in un luogo sacro. Durante il colloquio con Tizio gli viene chiesto di narrare quanto accaduto e di manifestare un proprio parere in ordine alle conseguenze del reato che gli viene contestato, dando adeguato spazio al soggetto medesimo affinchè possa raccon­tare i termini del conflitto, esprimere le sue paure e le sue aspettative. Le manifestazioni del consenso vengono comple­tate con la manifestazione di disponibilità anche della vittima a partecipare all’incontro di mediazione. Il giovane riferi­sce inoltre di non aver mai riflettuto sulle conseguenze del suo gesto e di non aver mai preso in considerazione l’even­tualità e l’entità che potessero esservi così gravi ripercussioni nei suoi confronti. Egli dichiara quindi la sua intenzione di incontrare don Caio per potergli spiegare quanto a riferito all’equipe. Nel primo colloquio con quest’ultimo si procede a spiegare il significato e le modalità della mediazione e si chiede il consenso a proseguire il percorso di me­diazione. L’equipe, già in tal senso telefonicamente rassicurata , colloquia col sacerdote che, anche in considerazione del suo ruolo conferma la sua collaborazione , riepilogando som­mariamente la narrazione dei fatti e le conseguenze del rea­to ribadendo l’intento di partecipare all’incontro di mediazione direttamente con il reo. Durante questo incontro congiun­to Don Caio, rivolgendosi con dolcezza al ragazzo, spiega quanto importanti siano per una parrocchia le offerte oggetto del furto e quale sacrificio rivesta la sua raccolta in un paese povero come quello in cui loro vivono. Inoltre, supportato dall’equipe, si sofferma a lungo per spiegare al ragazzo la pericolosità di gesti come questo che possono rimanere semplici ragazzate se sporadici e solitari ma possono diventare preludio di coinvolgimenti in attività malavitose se compiuti sotto l’influsso di terzi. Esprime grande preoccupazione per le cattive compagnie frequentate dal ragazzo e conseguentemente personali perplessità sull’idea che il giovane abbia agito solo. Tizio però insiste a dire di non avere avuto nessun complice ne di essere stato spinto da alcuno a compiere lo sconsiderato gesto (sebbene permanga il dubbio che il fatto possa rientrare nel rito di iniziazione per l’ingresso nel gruppo ). I genitori del ragazzo, preoccupati anche loro per il destino del figlio e per le cattive compagnie,rassicurano tutti che impegnato come è nel lavoro non ha più il tempo di frequentare quei ragazzi e si comporta bene. Tizio ha ascoltato con molta attenzione le parole del parroco e comunica con profondità le sue sentite scuse. Don Caio, da parte sua, mostra interesse per il percorso di vita di Tizio e per i suoi progetti futuri. A questo punto l’equipe gli suggerisce di pensare a qualche attività utile da far svolgere al giovane in seno alla parroc­chia idonea a realizzare una sorta di concreto risarcimento morale per il danno subito ma anche e sopratutto un modo per far crescere il ragazzo e supportare la famiglia nel compito educativo. Il sacerdote concorda sulla proposta decidendo di coinvolgere il ragazzo nelle attività parrocchiali, salutando affettuosamente ricambiato, il giovane tizio e la sua famiglia, manifestando la sua soddisfazione del per­corso intrapreso che gli ha consentito di aver potuto conoscere da vicino il giovane.

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